Oltre la realtà. La realtà aumentata (AR) in ambito sanitario per più efficaci performance chiurgiche, diagnostiche, formative. Si è svolto a Genova dal 6 all’8 aprile il XVII Convegno nazionale dell’Associazione Italiana Ingegneri Clinici (AIIC); l’incontro, nell’ambito del quale si sono svolti numerosi workshop e corsi di formazione, ha affrontato le molte sfaccettature di un tema cardine, qual è l’innovazione tecnologica in ambito sanitario, in un’ottica fortemente orientata al paziente.
Innovazione e concretezza, dunque, i due princìpi base della convention, condivisi anche Predict, azienda pugliese operante nel settore. La partnership con General Electric Healthcare ha consentito lo sviluppo di una nuova visione – è il caso di dirlo – per la tecnologia sanitaria del futuro. General Electric Healthcare, grazie alla tecnologia OPTIP di Predict, ha implementato un nuovo modo per assistere i clienti nel lavoro quotidiano: come spiegato dalla stessa azienda, “la realtà aumentata porta l’azienda e i suoi esperti nella tua stanza quando ti serve”. Al contrario di quanto si possa immaginare, la presenza dell’assistente non è fisica ma virtuale. Come illustrato proprio nel corso del Convegno nazionale AIIC, infatti, OPTIP si avvale dei visori Hololens, strumento di ultima generazione lanciato da Microsoft; sorta di caschetto provvisto di sensori, telecamere, microfoni ed altoparlanti, Hololens si fonda sul concetto di realtà aumentata (augmented reality, abbreviato correntemente in AR).
L’AR consente di inserire nello spazio esperito degli elementi virtuali, sotto forma di ologrammi proiettati dai visori, ad integrazione di ciò che è già fisicamente presente nell’ambiente, che resta perfettamente visibile all’operatore. Ciò non accade nella realtà virtuale, altro settore in largo sviluppo che però prevede l’interazione dell’utente con un ambiente interamente ricostruito. Entrambe le tecnologie sono state già applicate in ambito sanitario, con risultati proficui che fanno ben sperare per il futuro.
In particolare sono tre le sfere su cui si concentra maggiormente la ricerca: formazione, chirurgia e riabilitazione. Per la prima è stato e continua ad essere esemplare il lavoro di Shafi Ahmed, chirurgo ed innovatore britannico che ha mostrato concretamente, in due occasioni distinte, come realtà virtuale e realtà aumentata possano giovare alla formazione dei giovani chirurghi più di alcune operazioni dal vivo: assistere virtualmente alla rimozione di un tumore al fegato nel 2014 ha significato per ben tredicimila studenti di tutto il mondo la possibilità di vedere con gli occhi del chirurgo (cosa impossibile in una sala operatoria) ed interagire con Ahmed sottoponendogli domande in tempo reale.
Oltre che per fini divulgativi, l’uso della realtà aumentata in sala operatoria si rivela utile ai fini dell’intervento in sé. Il miglioramento delle performances del chirurgo, la realizzazione di consulti live con altri colleghi e la visualizzazione 3D degli esami strumentali eseguiti in fase preoperatoria sono solo alcune delle applicazioni su cui si concentra la ricerca.
Se nei primi due casi è il medico ad interagire in prima persona con la tecnologia, c’è una fase in cui protagonista è il paziente: la riabilitazione, fisica e psichica. È stato già ampiamente dimostrato, ad esempio, come la realtà virtuale possa aiutare a combattere i disturbi alimentari: polo di eccellenza in quest’ambito è l’Istituto Auxologico di Milano, che con il progetto Cave si è dimostrato pioniere della cybertherapy in Italia.
Una sinergia vincente, quella tra sanità e realtà virtuale, con una strada spianata verso il futuro.
(a cura di Mario Maffei – Comunicazione Sanitaria)